Come lavoro... Tati Compton
Nella nostra serie in cui esploriamo le cose, i luoghi e le persone che ispirano la vita lavorativa dei creativi, la giornalista Marie-Claire Chappet parla con la tatuatrice “stick and poke” residente a Los Angeles del modo in cui lavora e delle sue ispirazioni
Tatiana Kartomten, meglio conosciuta come Tati Compton, ti lascia la sua arte sulla pelle. La tattoo artist autodidatta utilizza uno dei metodi più tradizionali (lo stick and poke) per creare i suoi stili distintivi, caratterizzati da motivi intricati, delicati e spesso dominati da immagini dark, femminili e queer. Compton disegna da quando era ragazzina ma ha realizzato il suo primo tatuaggio proprio quando ne ha ricevuto uno lei stessa: da adolescente, lei e un’amica si sono tatuate a vicenda con un ago da cucito legato a una matita mentre ascoltavano i Metallica.
Da allora, la sua tecnica è migliorata, così come la sua reputazione. Laureatasi alla Central Saint Martins, Compton è ora una presenza formidabile nel settore, una delle migliori nel campo dei tatuaggi stick and poke, con un enorme seguito sui social, un libro pubblicato, varie collaborazioni con marchi di abbigliamento e (naturalmente) una lunga lista di persone che attendono di farsi tatuare da lei...
In questo articolo parla con Service95 del suo processo lavorativo e delle sue ispirazioni creative...

L’ambiente di lavoro perfetto… lavoro in studi di tatuaggi in tutto il mondo perché mi piace cambiare continuamente il mio ambiente e andare a trovare gli amici nei vari posti in cui vivono. Mi piace ascoltare musica metal mentre lavoro perché mi aiuta a tatuare un po’ più velocemente, considerando che uso il metodo stick and poke. Questo modo di lavorare mi si addice proprio.

Stile e profumi… non mi piace mostrare le gambe o i piedi mentre tatuo, quindi di solito indosso un paio di jeans comodi, una T-shirt e stivali. Per me, i vestiti servono a rappresentare un personaggio o a esprimere come mi sento.
Cerco di non usare profumi troppo intensi mentre lavoro data la stretta vicinanza con le persone. Odio i profumi chimici e le colonie, per cui mi limito agli oli naturali che si trovano nei prodotti che uso tutti i giorni, come la lavanda.

Le sue ispirazioni… amo viaggiare e traggo ispirazione da ogni luogo, sotto ogni aspetto; gli edifici, le porte, le strade, gli alberi, i fiori, le persone, gli odori, in pratica tutto.
Ogni luogo è diverso ma allo stesso tempo uguale agli altri. Alle persone piace dire che il mondo è piccolo, ma non è vero, il mondo è enorme e ci sono miliardi di luoghi e persone, e non si finisce mai di esplorarlo. Per quanto riguarda il mio consumo culturale, ho una specie di avversione per la TV ma adoro i film. Prendo tanta ispirazione dai film di Alejandro Jodorowsky, Federico Fellini, David Lynch, Terry Gilliam e Stanley Kubrick, soprattutto per le loro atmosfere e la fotografia.
Prendo anche ispirazione dalle persone e, essendo tatuatrice, da tutti i miei colleghi e soci, e a ispirarmi di più sono tutte le persone e gli artisti in carne e ossa che ho incontrato nella mia vita.
Penso però di non aver mai bisogno di sentirmi ispirata, mi sembra controproducente. Non cerco l’ispirazione a tutti i costi; la rispetto e lei va e viene come le pare e piace.

La sua vita digitale… raramente vado su Instagram ma quando ci vado mi piace farmi due risate. Seguo qualsiasi cosa in cui succeda qualcosa di assurdo. Sinceramente, questo è uno dei motivi principali per cui uso ancora i social. Sembrerà elementare ma la mia app preferita è Google Maps perché mi aiuta a trovare dove devo andare dato che sono sempre in giro.

I suoi beni più preziosi… mi fa sempre tanta tristezza vedere che il bene più prezioso dell’umanità è il denaro. Al momento la cosa più preziosa che ho è il mio furgone perché ci vivo e mi porta dove devo andare. Credo che l’altro mio oggetto preferito, anche se cambia spesso, è il mio gilet di jeans.

Il miglior consiglio di carriera… OK, non l’ha detto a me personalmente, ma David Bowie una volta disse una cosa che rimarrà con me per sempre. Lo cito: “Non mettere mai la tua arte al servizio di altri. Ricorda sempre che il motivo per cui hai iniziato a lavorare era perché provavi quella sensazione dentro di te e sapevi che se avessi potuto manifestarla in qualche modo, avresti capito di più di te stesso o di come coesisti con il resto della società. Penso che per un artista sia estremamente pericoloso soddisfare le aspettative della gente. Penso che in genere gli artisti producano le loro opere peggiori quando lo fanno. Se ti senti al sicuro nell’area in cui lavori, non stai lavorando nell’area giusta. Spingiti sempre un po’ oltre ciò di cui ti senti capace. Nuota un po’ più in là, e quando senti che i tuoi piedi non toccano il fondo, sei nel posto giusto per fare qualcosa di straordinario”.
Marie-Claire Chappet vive a Londra e scrive su temi relativi ad arte e cultura. Collabora anche con la rivista Harper’s Bazaar